L'AMBIENTE CICLO AMATORIALE SCOSSO DALLA NOTIZIA.

 

GIULIANO ANDERLINI “NON NEGATIVO”. GRAN FONDO SOTTO SHOCK

 

FONTE DELLA NOTIZIA E TESTO:  http://blog.cyclingpro.it/2013/09/03/giuliano-anderlini-non-negativo-gran-fondo-sotto-shock/

 

Nelle foto della HOME: IN ALTO ANDERLINI A MALGA CAMPO 2012. A CENTRO PAGINA ANDERLINI VINCITORE FRA I SUPER G. ALL'ULTIMA TRENTO BONDONE.

 

Trento, 3 settembre 2013. La notizia arriva di buon mattino con un titolo a fondo pagina di sei colonni sul CORRIERE DELLA SERA. Naturale sgomento e sorpresa fra i ciclo amatori trentini che lo hanno visto protagonista in tutte le più qualificate manifestazioni dedicate alla saliktra. Condiderati i tempi in cui pedaliamo, la notizia sembrava di routine: un cicloamatore non negativo al controllo antidoping della prima frazione del Giro delle Dolomiti, la celebre, bellissima prova a tappe turistico/agonistica che si disputa ogni anno a Bolzano a fine luglio. Il controllo risale al 28 luglio quando gli atleti gareggiarono in salita contro il tempo da Bolzano ad Auna di Sopra e, dopo l’arrivo, trovarono gli ispettori del Ministero della Salute a raccogliere le urine dei primi quattro assoluti.

Col passare delle ore, su questa non negatività sono trapelati dettagli sempre più inquietanti.

Si è saputo prima di tutto che nel campione di urina controllato c’erano eritropoietina e gonadotropina corionica, due potenti ormoni che non erano mai stati trovati contemporaneamente. Il campione, poi, appartiene a un atleta di 60 anni: mai in Italia sostanze così pesanti erano state attribuite a un atleta cosi anziano. Solo poi è arrivata la mazzata finale: il “non negativo” è Giuliano Anderlini.

  Chi non lo conosce, chi è troppo giovane per avere memoria storica del ciclismo amatoriale di vent’anni fa sappia che Anderlini è l’uomo tramite il quale le gran fondo italiane si sono culturalmente trasformate da cicloturismo a agonismo. All’epoca quarantenne, bolognese, un passato di mezzofondista nell’atletica leggera, dentista di fama e grande bravura, autore di manuali universitari, tra il 1990 e il 1995 Anderlini vinse tutte (ma proprio tutte) le gran fondo più famose d’Italia, dalla Nove Colli alla Maratona delle Dolomiti alla Dieci Colli e tutte con distacchi enormi sui secondi classificati. Con le sue imprese, per la sua originalità (disputò una Nove Colli in sella a una bici da passeggio), per il fatto di non aver corso in bici da giovane, Anderlini portò queste corse sui giornali di settore e non, con grandissimo risalto, introducendo il concetto di sfida uomo contro uomo, che prima queste corse non avevano mai avuto.

Poco portato per la discesa, in salita Anderlini volava, volava davvero. Personaggio particolarissimo, vero “monaco” del ciclismo, per estrazione culturale e sportiva era una sorta di extraterreste in un ambiente dove raggiunse una popolarità enorme. Continuò a vincere fino all’arrivo dei professionisti, dei mercenari delle gran fondo: a quel punto decise di confinare le sue imprese nell’ambito delle sole cronoscalate dove, a 50 come a 60 anni, batteva record su delle pedalando a livelli da professionista assoluto.

Di lui si ricorda anche il singolare legame con un paziente del suo studio dentistico, Michele Ferrari. I due si conoscono da decenni e quando il Dottor Mito allenava in trasferta i vari Olano, Rominger e Cipollini Anderlini si aggregava spesso con loro per settimane in luoghi come il Sudafrica.

Ora è arrivata questa notizia. “Non negativo” non vuol dire positivo, ma i casi in cui le contronalisi smentiscono le analisi, in campo ormonale oggi sono davvero rari. Tutto però è possibile.

Abbiamo sentito Anderlini e questa è la sua versione:

«Non ho preso nulla, non sono così matto da assumere quella roba. A Bolzano, nei locali adibiti a controllo, c’era una confusione totale, il medico non aveva i guanti, il locale era angusto. Non ho potuto scegliere la provetta in cui mettere le urine, come previsto dal regolamento, non ho potuto seguire visivamente il campione. Immediatamente dopo il controllo il mio avvocato ha spedito una raccomandata al Ministero, al Coni e all’ente con cui sono tesserato raccontando per filo e per segno quello che era successo. Per me o c’è stato un sabotaggio o hanno scambiato le provette con quelle di un altro. Chiederemo subito le contronalisi e, se serve, anche il test del DNA”.

Abbiamo il dovere di credere ad Anderlini, ma anche il dovere di dire che una tesi del genere ha possibilità praticamente zero di essere accettata. Speriamo davvero in uno scambio di provette (che sarebbe un autogol inquietante per la CVD) che presuppone comunque sia un’incredibile comportamento del medico sia il fatto uno degli altri tre controllati sia stato così matto da assumere i due ormoni assieme. L’ipotesi del sabotaggio nemmeno riusciamo a prenderla in considerazione.

Dobbiamo stare ai fatti. Il 28 luglio Anderlini vince la cronoscalata di Bolzano a quasi 20 km/ora di media (parliamo di nove km al 7 per cento di pendenza media) rifilando un secondo al professionista australiano Marc Williams (29 anni) e 1’10” all’olandese Joost Bakker, terzo e anche lui under 30. Dalla tappa successiva in poi Anderlini prima si defilò dalla corsa, poi scomparve.

Ma c’è dell’altro. Voci autorevoli parlano di un Anderlini visto di recente allenarsi con Michele Ferrari, assieme ad altri atleti. E’ vero? «Ferrari è un mio paziente – spiega Giuliano – ho fatto effettivamente dei test con lui, ma non quest’anno. C’erano altri corridori, sarò ingenuo ma non credo che sia una cosa grave».

Ora, su questa vicenda personalmente facciamo enorme fatica ad esprimerci. Conosciamo Anderlini da vent’anni: è un uomo di intelligenza e generosità fuori del comune, come fuori del comune è la sua viscerale passione per la bici e per l’agonismo assieme all’incapacità di accettare di accettare il passare del tempo. Per lui, da sempre, pedalare vuol dire vincere. E‘ una tendenza che molti provano o hanno provato ma in lui è estrema. Credevamo, crediamo che questo estremismo si esprimesse solo con allenamenti durissimi e un rigore assoluto nella vita quotidiana.

Se Anderlini dovesse aver preso le porcherie che il controllo gli attribuisce, la sua positività rappresenterebbe simbolicamente la morte di un ciclismo agonistico amatoriale che – lo scriviamo da mesi, da anni – si sta autodistruggendo. Di un mondo dove a 30, 40, 50 o 60 anni la lotta per un salame o per una maglia di campione italiano di categoria di questo o quell’ente sta obnubilando le menti di molti di noi: quest’anno la Procura Coni ha già  sottomano dieci positività agli ormoni peptidici e (Di Luca e Santambrogio a parte) si tratta di casi legati esclusivamente ad atleti amatori. Aspettiamo notizie.

 

 

 

 

 

LE 10 SCUSE PIU' FANTASIOSE

 

 

 

Dall'anabolizzante usato per migliorare le prestazioni sessuali al sesso orale che aveva lasciato tracce di nandrolone. Senza contare la pantagruelica mangiata di filetto al clenbuterolo e l'incauto acquisto di caramelle che contenevano cocaina. La fantasia va al potere, scorrendo il campionario di scuse inventato dai campioni dello sport «beccati» in flagranza durante i controlli antidoping. Il quotidiano sportivo francese «l'Equipe» ha stilato, nell'edizione in edicola giovedì 4, una singolare classifica delle 10 giustificazioni più divertenti.

 

 

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SESSO ORALE - Al primo posto c'è il marciatore spagnolo Daniel Plaza. Nel 1996 tirò in ballo la moglie, in stato di gravidanza, con la quale ebbe un rapporto orale che lasciò tracce di nandrolone.

 

ORGE & BIRRA - Orge & birra per lo sprinter americano Dennis Mitchell: fu una specie di ammucchiata ad elevato tasso alcolico a portarlo alla positività per testoterone. Il suo rivale LaShawn Merritt sostenne invece che quell'anabolizzante trovato nelle urine non servivano per rendere più esplosiva la muscolatura ma solo per migliorare le prestazioni sessuali. Un tennista, il ceco Petr Korda, e il fuoriclasse della bici Alberto Contador se la presero con le bistecche riempite, ovviamente a loro insaputa, rispettivamente di nandrolone e clenbuterolo. E ancora: se il corridore lituano Raimondas Rumsas venne trovato con l'auto piena di farmaci imbarazzanti era solo perchè di quei medicinali aveva bisogno la suocera, gravemente malata. 

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IL DENTIFRICIO - Dieter Baumann, olimpionico tedesco di mezzofondo e fondo (vinse l'oro nei 5 mila a Barcellona) se la prese con il dentifricio all'anabolizzante. Anche Floyd Landis, maglia gialla al Tour de France, tirò fuori una correlazione tra consumo di alcool e innalzamento del testosterone. L'Equipe ricorda poi la squadra della Pdm che nel Tour de France del 1992 scomparve prima di un controllo antidoping. La scusa ufficiale: intossicazione alimentare da aria condizionata.

LE CARAMELLE ALLA COCAINA - Piazza d'onore per il corridore italiano Gilberto Simoni, due volte vincitore del Giro: trovato positivo alla cocaina, incolpò la zia suora che operava in Sudamerica e che lo riforniva di certe caramelle di cui era ghiottissimo. Ma in questo caso non si trattava affatto di una scusa: in tribunale Simoni venne scagionato, grazie al test del capello, che confermò come Simoni non avesse mai sniffato cocaina, e grazie anche ad un'analisi delle famose caramelle, che davvero contenevano coca in piccolissime dosi, e fu successivamente reintegrato in squadra.

 

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